Percy Bysshe Shelley
Adonais
XLIX
Su, vai a Roma, -- che è insieme il Paradiso, la tomba,
e la città e il deserto; e passa dove le rovine s’ergono
come montagne frantumate, e le gramigne
fiorenti e le piccole selve profumate
vestono l’ossa nude della Desolazione,
finché lo spirito del luogo guiderà i tuoi passi
a un declivio il cui accesso è verdeggiante,
dove come il sorriso di un bambino
fra l’erba sopra i morti si distende
una luce di fiori sorridenti; e mura grigie
L
vi si sfanno attorno – le smangia il Tempo ottuso
simile a un fuoco lento sopra un vecchio ramo;
e una sublime piramide aguzza si leva
come una fiamma trasformata in marmo
quasi creando un padiglione alla polvere
di chi la disegnò come rifugio della sua memoria;
e sotto s’apre un campo dove una nuova schiera ha posto
nel sorriso dei Cieli il suo campo di morte, e accoglie
colui che perdiamo con un respiro che s’è da poco spento.
LI
Férmati qui: queste tombe
sono ancora troppo giovani per essere
cresciute al di là del dolore che consegnò a ciascuna
il fardello dovuto; e se anche il sigillo è stato posto
qui sulla fonte di un unico spirito in lacrime,
non lo spezzare tu! ché certamente
se torni a casa anche tu troverai la tua fonte ricolma
di lacrime a di fiele. Dal vento amaro del mondo ricerca
un rifugio nell’ombra del sepolcro. Perché dovremmo temere
di diventare quello che Adonais è già?
LII
L’Uno rimane, i molti mutano e passano;
la luce del Cielo risplende eternamente,
ma l’ombre della Terra sempre fuggono; la Vita
macchia il bianco splendore dell’Eternità come una cupola
di vetro dai moti colori, finché non vi passa la Morte
e la frantuma. – Muori se vuoi unirti
a ciò che stai cercando! Segui anche tu le cose che sono
già fuggite! Il cielo azzurro di Roma, i fiori, le rovine,
le parole e le statue e la musica, sono
fragili troppo per dire con parole esatte
la gloria che trasfondono. Perché, dunque, indugiare?
LIII
Perché volgersi indietro, perché appartarsi, o Cuore?
Le tue speranze sono corse avanti, si sono già staccate
da tutte queste cose; ora anche tu dovresti!
Dall’anno che si volge, dall’uomo e dalla donna
s’è già staccata una luce; e le cose che ancora sono care
attraggono soltanto per schiacciare, respingono
per disseccare il tuo spirito. Il cielo sorride
soavemente, -- il vento lieve ti mormora accanto:
ed è Adonais che chiama! Oh, affrettati, impedisci
che la vita separi ciò che la morte unisce.
LIV
Quella luce che accende l’Universo
col suo sorriso, quella Bellezza in cui tutte le cose
operano e si muovono, quella Benedizione
che la Maledizione eclissante della nascita
non potrà mai soffocare, quell’Amore
che sostiene e attraverso la tela dell’essere
intessuta alla cieca dall’uomo e dalla bestia,
dalla terra dall’aria e dal mare arde splendido o fioco
secondo che ognuno rispecchi la fiamma
di cui sono assetati, ora su di me irraggia
consumando le ultime nubi della mortalità più fredda.
LV
Discende su di me quel soffio il cui potere
ho invocato nel canto; la nave del mio spirito
è spinta ormai lontano dalla riva, lontano
dalla turba tremante le cui vele mai
furono offerte alla tempesta; la solida terra
e la sfera del cielo si sono spaccate!
E io sono sospinto oscuramente, paurosamente lontano;
mentre bruciando al pari di una stella
nel più intimo velo dei Cieli, l’anima d’Adonais rifulge
dalla dimora in cui stanno gli Eterni.
Versi 433-Fine