John Keats
Ultima Lettera di Keats
Roma, 30 novembre [1820]
Mio caro Brown,
Scrivere una lettera è per me la cosa più difficile
del mondo. Lo stomaco continua a farmi male, e sto
ancora peggio se apro un libro - e tuttavia sto meglio
di quando ero in quarantena. E poi ho paura di dover
fare i conti con i vantaggi e gli svantaggi di quel
che mi interessava in Inghilterra. Ho continuamente
il senso che la vita è ormai finita per me, e che vivo
un'esistenza postuma. Dio sa come avrebbe potuto essere
- ma ora è evidente - comunque, non voglio parlarne.
Devo essere stato a Bedhampton all'incirca nello
stesso periodo in cui tu mi scrivevi da Chichester,
che peccato - magari eravamo sullo stesso fiume.
Anche lì ha vinto la mia cattiva stella! Non posso rispondere
alla tua lettera, che mi ha seguito da Napoli
a Roma, perché non ho il coraggio di riguardarla.
Sono così debole (d'animo) da non poter sopportare
la vista della calligrafia di un amico che amo tanto
quanto te. Tuttavia vado a cavallo e, al mio peggio,
anche in quarantena, ho raccolto più giochi di parole
in una settimana, quasi per disperazione, che in
un anno di vita. Un pensiero basta a uccidermi - sono
stato bene sano, attivo ecc. ecc., ho passeggiato
con lei, e ora - la coscienza del contrasto, la percezione
delle luci e delle ombre, tutto quell'insieme di
nozioni (nel senso primitivo) necessarie alla poesia,
sono i grandi nemici della guarigione del mio stomaco.
Ecco qui, farabutto, ora ti metto alla tortura - ma
tu devi far sì che la tua filosofia ti sostenga - come fa
la mia, davvero - altrimenti come riuscirei a vivere?
Il dottor Clarke è pieno di attenzioni per me; dice
che il problema non sono tanto i polmoni ma lo stomaco
- lo stomaco, dice, va male, molto male. Sono
sorpreso di sentire che George sta bene - perché ho
~ in testa che moriremo tutti giovani. Non ho ancora
scritto a Reynolds, il quale penserà che lo trascuro;
avendo a cuore di mandargli un resoconto positivo
del mio stato di salute, ho aspettato, ritardando di
settimana in settimana. Se guarisco, farò di tutto per
correggere gli sbagli che ho fatto durante la malattia;
se non guarisco, tutte le mie colpe verranno perdonate.
Scriverò a Reynolds domani, o dopo. Severn
sta bene, anche se fa una brutta vita con me. Ricordami
a tutti gli amici, e di' a Haslam che non sarei
partito senza salutarlo, se non fosse che stavo così
male nel corpo e nello spirito. Scrivi a George quando
ricevi questa mia, e digli come sto, per quanto tu
riesca a indovinare; scrivi anche un biglietto a mia
sorella - che è sempre nei miei pensieri, come un
fantasma - somiglia tanto a Tom. Riesco a mala pena
a dirti addio, anche per lettera. Sono stato sempre
impacciato nel prendere congedo.
Dio ti benedica!
John Keats